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L’art. 2, un personaggio (ancora) in cerca d’autore

Come in Pirandello, l’art. 2 rimane oggi, ancora una volta, un personaggio in cerca d’autore.

Specialmente se non si applica nemmeno più ai riders.

Sì, proprio loro.
Quelli del caporalato.
Quelli del famigerato, più che famoso, CCNL.
Quei lavoratori che – a dire di Torino – non potevano essere altro che autonomi, avendo la facoltà di decidere se obbligarsi o meno alla consegna di cibo.
Il caso di scuola che viene domandato all’esame di diritto del lavoro dopo aver parlato dell’art. 2, D.lgs. n. 81/2015.
Insomma i primi lavoratori etero-organizzati a noi conosciuti, adesso diventano “anche” subordinati.

E se non si applica a loro l’art. 2, a chi si applicherà mai?

Nonostante la novella per cui si applica la disciplina del lavoro subordinato «anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali» (Legge n. 128/2019).

Nonostante l’invito a dare «interpretazioni non restrittive» (Cassazione 1663/2020).

I giudici preferiscono riqualificare il rapporto piuttosto che applicare l’art. 2.

E perché mai?

Perché una volta accertata l’etero-organizzazione entrano in gioco una serie di elementi sussidiari potenzialmente idonei a convertire quel determinato rapporto di lavoro.

Che poi “anche” il tempo ed il luogo sono da sempre indici sussidiari della subordinazione ed ai riders – i quali svolgono una prestazione elementare e ripetitiva – viene sempre predeterminato dove ed in quanto tempo consegnare.
Ma questa è un’altra storia.
E comunque s’è visto che fine ha fatto (per evitare problemi di indisponibilità del tipo) il riferimento “ai tempi e al luogo di lavoro.“.

riders sono sicuramente etero-organizzati, perché non potrebbero operare sul mercato senza l’organizzazione delle società di delivery, ma sono soltanto questo?

No, o meglio non solo, perché “adesso” si scopre che l’algoritmo dice loro anche se possono lavorare.

E se non vogliono lavorare interviene allora un sistema sanzionatorio che li esclude proprio dalla possibilità di obbligarsi alle consegne.
Un sistema premiante per cui più consegni, più hai la possibilità di consegnare.
Una “libertà apparente” insomma per dirla con le parole del Tribunale di Palermo.

Nel più dell’etero-direzione è sempre compreso il meno dell’etero-organizzazione, ma basta poco per eccedere quel “semplice” inserimento strutturale del rapporto (circolare n. 7 del 30 ottobre 2020).

Ed in quel caso, tanto vale riqualificare tutto.

Onde evitare magari di trovarsi a fare i conti con quei casi «in cui l’applicazione integrale della disciplina della subordinazione sia ontologicamente incompatibile.» (Punto 41 sempre della citata Cassazione)

 

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