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Il blocco dei licenziamenti: dal Decreto “Cura Italia” al Decreto “Ristori”

L’art. 46 del D.L. n. 18/2020, c.d. Decreto “Cura Italia”, convertito in L. n. 27/2020, stabiliva originariamente che per sessanta giorni, decorrenti dall’ entrata in vigore del decreto, «il datore di lavoro, indipendentemente dal numero dei dipendenti, non può recedere dal contratto per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3, della legge 15 luglio 1966, n. 604».

Il primo termine al divieto di licenziamenti sarebbe dunque scaduto il 17 maggio 2020.

Il Decreto Legge 19 maggio 2020, n. 34, c.d. Decreto “Rilancio”, sostituiva poi all’art. 46 del Decreto “Cura Italia” le parole «60 giorni» con «5 mesi» chiarendo che «Sono altresì sospese le procedure di licenziamento per giustificato motivo oggettivo in corso di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604

Il secondo termine sarebbe scaduto il 17 agosto 2020.

Il D.L.  14 agosto 2020, n. 104, ha poi stabilito che «resta, altresì, preclusa» la facoltà di licenziare per g.m.o. «Ai datori di lavoro che non  abbiano  integralmente  fruito  dei trattamenti di  integrazione  salariale  riconducibili  all’emergenza epidemiologica da COVID-19 di cui all’articolo 1 ovvero  dell’esonero dal versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 3 del presente decreto».

Non vi sarebbe stato invece il blocco dei licenziamenti ove la società fosse fallita ovvero cessasse la propria attività ovvero vi fosse un accordo collettivo aziendale.

Il terzo termine sarebbe stato invece variabile: scadenza del divieto alla fine dell’esonero contributivo per le imprese che avessero beneficiato della CIG Covid-19 e scadenza fino alla fine delle ulteriori 18 settimane di CIG previste dal nuovo decreto per le imprese che ne avessero fatto richiesta; scadenza fino al 31 dicembre 2020 per le imprese che non avessero fatto ricorso ai due trattamenti precedentemente menzionati.

Da ultimo il Decreto legge 28 ottobre 2020 n. 137 ha stabilito che fino al 31 gennaio 2021 «resta, altresì, preclusa al  datore  di  lavoro,  indipendentemente  dal  numero  dei dipendenti, la facoltà di recedere dal  contratto  per  giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e restano altresi’ sospese  le  procedure  in  corso  di  cui all’articolo 7 della medesima legge»

L’ultimo termine al divieto è dunque tornato ad essere generalizzato: per tutte le imprese fino al 31 gennaio 2021.

Nelle ultime ore tuttavia il Presidente del Consiglio Conte avrebbe dichiarato di voler estendere il divieto dei licenziamenti fino a marzo 2021.

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